Archivio della categoria: Ambiente

01 lunedì Feb 2016

bicicletta_xin-kvuC--1280x960@Produzione“Da martedì l’Italia sarà un po’ più verde, entrano in vigore definitivamente le norme del Collegato ambientale. Le molte misure introdotte alla Camera e al Senato, nel lungo percorso parlamentare, ci parlano di un’Italia più attenta all’ambiente e alla salute dei cittadini e che punta sulla green economy e l’economia circolare. Certo sono misure non sufficienti ed esaustive, ma rappresentano un primo passo e seguono la strada indicata dalla Cop21 di Parigi“. Così Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente della Camera, a proposito dell’imminente entrata in vigore, il prossimo 2 febbraio, del Collegato Ambientale.

Si tratta delle ‘Disposizioni in materia di ambiente per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali’ della legge 221 del 28 dicembre 2015 e pubblicata in Gazzetta ufficiale il 18 gennaio scorso. “In molti casi saranno necessari decreti attuativi del ministero dell’Ambiente, che mi auguro siano già in cantiere, per avviare quanto prima questa piccola rivoluzione verde”, spiega Realacci.

“Altre misure importanti sono, invece, immediatamente operative, tra le quali troviamo: gettare cicche di sigarette per terra e altri piccoli rifiuti sarà sanzionato con pesanti multe sino a 300 euro, uno stimolo per il nostro senso civico; non si possono più pignorare gli animali da compagnia, a partire da cani e gatti, una pratica priva di senso a cui si mette fine grazie a un impegno condiviso con Tessa Gelisio e la Lega Nazionale per la difesa del cane; sarà finalmente riconosciuto l’incidente in itinere anche a chi va al lavoro con la bicicletta, una norma attesa da tempo dalle numerose associazioni di ciclisti, Fiab e Salvaiciclisti in primis”, elenca Realacci.

Ancora: “Più sicuri verso le ‘carrette del mare’, i proprietari che causano inquinamento marino dovranno rispondere anche in base all’inadeguatezza dell’imbarcazione rispetto al carico trasportato; razionalizzazione della raccolta dei dati ambientali, per avere sempre informazioni complete e aggiornate; più green economy anche nella pubblica amministrazione, con la promozione degli appalti ‘verdi’ e dei ‘criteri minimi ambientali’ negli acquisti (pc, carta, pulizie, mense)”.

“Anche i semafori consumeranno meno energia con la progressiva introduzione delle lampade a basso consumo – continua Realacci – diventa più facile la pratica del ‘baratto’, lo scambio di beni usati; le piccole isole disporranno di maggiori risorse per la cura del territorio e la raccolta dei rifiuti, potendo aumentare sino a 5 euro il contributo di sbarco; sul fronte energetico si allarga la possibilità di autoprodurre energia elettrica da fonti rinnovabili con la rimozione del tetto di 20MWe”.

Il presidente della Commissione Ambiente illustra poi “i provvedimenti che necessitano dei decreti attuativi”: cioè “stimoli per l’economia circolare, che prevedono, tra l’altro disincentivi per lo smaltimento in discarica; incentivi alle imprese per la prevenzione e la riduzione della produzione di rifiuti e l’utilizzo di materie riciclate; una maggiore vigilanza sui cicli di smaltimento dei rifiuti”.

E ancora: “brutte notizie per l’abusivismo, vengono semplificate le procedure e stanziati 10 milioni per l’abbattimento dei manufatti abusivi; per la mobilità sostenibile, invece, ci sono 35 milioni per i Comuni per nuovi progetti, in particolare per i percorsi casa-scuola e casa-lavoro e l’istituzione nelle scuole del mobility manager”. Insomma, conclude, “si tratta di un ‘pacchetto ambientale’ a tutto campo che contribuirà a fare dell’Italia un Paese un po’ più pulito, efficiente e ‘green'”.

Fonte: ADN KRONOS
http://www.adnkronos.com/sostenibilita/in-pubblico/2016/01/30/dalle-multe-per-cicche-alla-mobilita-sostenibile-italia-diventa-piu-verde_Sg5A5b88PNoVw6vfQNhRuN.html

11 lunedì Gen 2016

impianto-fotovoltaicoIva al 10% e detrazione Irpef del 50%: scopri tutte le agevolazioni fiscali per chi acquista un impianto fotovoltaico residenziale.

Dopo i vari Conti Energia, attualmente c’è un po’ di confusione sulle agevolazioni fiscali per chi acquista dei pannelli solari da installare sul tetto della propria abitazione. E tuttavia si tratta di un argomento che è molto importante approfondire: il costo iniziale di un impianto fotovoltaico residenziale è elevato, motivo per cui bisogna considerare tutti gli aspetti di questo investimento. In particolare, sapere che negli anni è possibile recuperare parte di quanto speso potrebbe servire da incentivo a chi, pur volendo dare una mano all’ambiente, non possiede la liquidità necessaria a coprire autonomamente le spese di acquisto delle celle solari ad uso domestico. In questi casi, segnaliamo che esistono soluzioni di finanziamento agevolate pensate proprio per il fotovoltaico, utili per coprire fino al 100% della spesa da sostenere. Per ulteriore approfondimento sull’argomento segnaliamo questa guida sui prestiti per il fotovoltaico realizzata dagli esperti di SuperMoney, il comparatore online.

Conto Energia, che fine ha fatto?

Con l’espressione Conto Energia si identificano tutte le varie ondate di incentivi statali per l’acquisto di impianti per la produzione di energia pulita, attuate in scia alla direttiva comunitaria 2001/77/CE nel periodo 2005-2013.  L’idea era quella di favorire l’adozione di sistemi domestici per la produzione di energia pulita, remunerando per i 20 anni successivi all’acquisto sia l’energia prodotta e immessa in rete sia quella autoconsumata, permettendo quindi un rientro parziale delle spese sostenute per l’investimento.

Dopo il 2013, però il Conto Energia non è stato più rinnovato, motivo per cui ora non esistono veri e propri incentivi statali per chi vuole acquistare dei pannelli solari domestici. Rimangono, tuttavia, alcune agevolazioni fiscali che vale comunque la pena considerare come punti a favore di un investimento nel fotovoltaico domestico.

 Fotovoltaico residenziale, tutte le agevolazioni fiscali

Chi sceglie di acquistare un piccolo impianto solare residenziale gode innanzitutto dell’Iva agevolata al 10%, anziché al 22%. Inoltre, è possibile approfittare della detrazione Irpef del 50% sul costo totale dell’impianto, da spalmare sui 10 anni successivi all’acquisto. Concretamente, quindi, è possibile rientrare del 50% delle spese sostenute nel decennio successivo all’investimento. Il rimborso avviene in rate annuali dall’importo fisso. Se ad esempio si è acquistato un impianto fotovoltaico residenziale da 4,5 kW di potenza, pagandolo circa 10.000 euro, per i dieci anni successivi all’acquisto si percepirà un rimborso di circa 500 euro l’anno, utili per rientrare complessivamente della metà di quanto speso inizialmente, ovvero 5.000 euro.

Fonte: http://www.rinnovabili.it/energia/fotovoltaico/agevolazioni-pannelli-solari-666/

02 mercoledì Dic 2015

Su trasparenza e revisione periodica limiti a gas serra

Cambiamenti climatici, lo scenario dell'Onu © Ansa

La Cop 21, ha aggiunto, non può solo “servire gli interessi dei più potenti”, ma dovrebbe ascoltare anche i più vulnerabili, tra cui i molti ‘paradisi’ tropicali e polinesiani che potrebbero presto diventare una fucina di rifugiati climatici. Parole che rimarcano l’importanza che questi Stati insulari, raggruppati nella Alliance of Small insular States (Aosis) stanno acquisendo in questa Conferenza sul clima, dove, dopo l’impulso politico dato dai leader, si è aperta la fase più tecnica delle trattative. Anche la Commissione europea ha voluto fare di questi Paesi dei partner privilegiati, cosciente di quanto le questioni climatiche siano cruciali per la loro sopravvivenza. Sarebbero proprio alcuni di questi Paesi, secondo fonti vicine ai negoziati, a chiedere che gli obiettivi sul contenimento del riscaldamento globale siano più ambiziosi, e parlino non più di non superare i due gradi ma di fermarsi a un grado e mezzo. La differenza può sembrare trascurabile, sottolinea la stessa fonte, ma per le cosiddette ‘piccole isole’ rappresenta la soglia tra restare emerse o finire sott’acqua. Su questo come su altri temi, dalla climate finance ai sistemi di monitoraggio del rispetto degli impegni, in questa prima settimana avanza il ‘lavoro di drafting’, ovvero di revisione del testo dell’accordo, di cui si dovrebbe avere una bozza entro mercoledì della prossima settimana in vista della chiusura dell’11 dicembre.

Fonte: http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2015/11/28/al-via-la-conferenza-mondiale-dellonu-sul-clima-_2a72f273-50b2-4974-8b50-37ee59b5076e.html

05 giovedì Nov 2015

genova_alluvione_inf-ksJE--1280x960@WebOltre 650 milioni, immediatamente disponibili, per 33 interventi urgenti contro il rischio idrogeologico. Oggi, a Palazzo Chigi, sono stati sottoscritti da governo e Enti locali gliaccordi di programma quadro per l’assegnazione dei fondi previsti dalla prima parte del Piano contro il dissesto idrogeologico nelle aree metropolitane.

Alla firma erano presenti il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti, il coordinatore di #italiasicura Mauro Grassi e i rappresentanti delle Regioni (Emilia Romagna, Abruzzo, Liguria, Lombardia, Sardegna, Veneto e Toscana) e delle città di Milano, Genova, Bologna, Venezia e Firenze.

Presenti anche il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi e il sindaco di Firenze Dario Nardella, nel giorno in cui ricorre l’anniversario dell’alluvione che il 4 novembre 1966 colpì il capoluogo toscano.

“Credo che questo sia un segnale molto forte e molto serio contro il dissesto”, ha rimarcato il ministro Galletti. “Questo è il primo atto, faticosissimo dal punto di vista amministrativo. Abbiamo dovuto fare una ricognizione che ci permetterà tempi più rapidi nelle prossime azioni: abbiamo fatto una mappatura seria di tutte le emergenze sul territorio e le abbiamo messe in ordine di priorità con un criterio di pericolosità e uno relativo allo stato di avanzamento della progettazione. Alla fine di questo lavoro firmiamo accordi di programma con 7 Regioni per 653 milioni di euro immediatamente spendibili che vanno a finanziare 33 interventi”, ha detto il ministro. In particolare, si legge sul sito #italiasicura, si tratta di 33 cantieri per opere contro le alluvioni nelle aree metropolitane.

Non solo. “Credo che saremo in grado con i fondi di sviluppo europei di finanziare una tranche di interventi nei prossimi mesi – ha aggiunto – Abbiamo cominciato un percorso”. Nel dettaglio delle risorse messe a disposizione, Galletti ha parlato di 653 milioni cui si aggiungono altri 150 cofinanziati dalle Regioni per un totale di circa 800 milioni di euro. Così ripartiti: “54 milioni all’Abruzzo, 43 all’Emilia Romagna, 315 alla Liguria, 145,6 alla Lombardia, 25,3 alla Sardegna, 106,6 alla Toscana e 109,7 al Veneto”. Alla firma degli accordi di programma a Palazzo Chigi era presente anche ilsottosegretario alla Presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti che ha sottolineato come sia “decisivo per tutte le istituzioni fronteggiare il rischio idrogeologico”.

Fonte: ADN Kronos

22 martedì Set 2015

vw-auto-golf-epa-1024x683Volkswagen ha ammesso di aver falsificato le emissioni inquinanti per eludere i controlli negli Stati Uniti. Il titolo crolla in borsa e sono in arrivo multe miliardarie.

Volkswagen, una delle più grandi aziende che producono automobili al mondo, ha truccato le emissioni inquinanti delle auto vendute negli Stati Uniti per eludere i test dell’Agenzia americana per la protezione dell’ambiente (Environmental protection agency, Epa). L’accusa, poi confermata dall’amministratore delegato della casa automobilistica tedesca Martin Winterkorn, era stata avanzata dalla stessa Epa e si riferisce alle vetture vendute oltreoceano dal 2009 al 2015.

Maggiolini, Golf, Jetta, Passat e Audi A3 montavano un software sulle centraline dei motori alimentati a diesel che ne falsificano al ribasso i risultati delle polveri sottili e della CO2. Le auto potevano arrivare a inquinare dalle dieci alle quaranta volte in più rispetto ai limiti previsti dalla legge. La truffa pare sia stata progettata solo per aumentare la potenza e le performance dei motori. Per ogni vettura – sarebbero circa 482mila quelle vendute in questi anni – ora la Volkswagen rischia 37.500 dollari di multa, per un totale di 18 miliardi di dollari.

Il titolo della Volkswagen ha perso fino a 23 punti percentuali sulla borsa di Francoforte nella sola giornata di lunedì 21 settembre, pari a circa 15,6 miliardi di euro andati in fumo in una giornata di contrattazioni. Winterkorn, alla guida dell’azienda dal 2007, si è detto “profondamente dispiaciuto” per aver infranto la fiducia dei suoi clienti e ha aggiunto che Volkswagen farà “tutto il necessario per rimediare al danno causato” da questo scandalo incredibile.

L’Epa ha ordinato il ritiro delle 482mila vetture truccate e ha fermato la vendita negli Stati Uniti dei cinque modelli che montano il motore “incriminato”, inclusi quelli a marchio Audi che fa sempre parte del gruppo Volkswagen. I problemi per la casa automobilistica che ha sede nella città tedesca di Wolfsburg, però, sono appena cominciati. Ora sembra che diverse associazioni dei consumatori vogliano muoversi per danni così come il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti e il governo tedesco che potrebbero aprire ulteriori indagini.

articolo scritto da Tommaso Perrone per LIFEGATE.IT

14 lunedì Set 2015

alberi3.040.000.000.000, ovvero 3,04 bilioni, circa 420 per ogni essere umano che abita il pianeta. È questo il numero di alberi presenti oggi sulla Terra, almeno stando alle più recenti stime della densità e distribuzione delle foreste del globo, pubblicata su Nature dai ricercatori della Yale University. Una cifra enorme, certo (le stime precedenti si fermavano a circa di 400 miliardi), ma quasi dimezzata negli ultimi 11mila anni in seguito alla deforestazione provocata dalle attività umane.

Finora non esisteva in effetti una stima realistica del numero di piante ad alto fusto presenti sulla Terra. Per valutare progetti di riforestazione e contrasto dell’inquinamento atmosferico, scienziati e legislatori dovevano quindi accontentarsi delle immagini satellitari per cercare di valutare l’estensione delle aree boschive. Una soluzione insufficiente, perché conoscere il numero e la densità degli alberi, e le riserve di legname esistenti, è essenziale per comprendere i processi biologici che coinvolgono le aree boschive, e la struttura di questi ecosistemi fondamentali per la “salute” del pianeta. Per ottenere una stima affidabile, i ricercatori di Yale hanno dovuto utilizzare i dati sulla densità degli alberi raccolte negli anni in oltre 400mila aree boschive del pianeta, incrociando questi dati per ottenere una mappa globale della densità degli alberi in tutti gli ecosistemi della Terra. Il risultato, spiegano i ricercatori, rappresenterà ora una misura di riferimento, utile per realizzare ricerche in una grande varietà di campi, dallo studio della biodiversità animale e vegetale, fino al perfezionamento deimodelli climatici disponibili.

Ancor più importante forse, i risultati dello studio saranno indispensabili per programmare i futuri interventi in difesa delle foreste, e i progetti che mirano a contrastare l’aumento di CO2nell’atmosfera. Stando all’analisi pubblicata su Nature, ogni anno sono circa 15 miliardi gli alberi che vengono abbattuti dall’uomo, di cui solo cinque miliardi vengono rimpiazzati da nuove piante. Numeri che fanno riflettere, come ha spiegato alla Bbc Henry Glick, uno degli autori dello studio.

“Non sembra essere una percentuale insignificante, e dovrebbe quindi portarci a considerare accuratamente il ruolo che la deforestazione sta avendo sugli ecosistemi”, ha sottolineato il ricercatore. “Visto che la perdita di alberi è dovuta principalmente alla raccolta di legname e alla riconversione dei terreni all’agricoltura, i numeri sono probabilmente destinati ad aumentare con la crescita della popolazione umana prevista per i prossimi decenni”.

Se il passato può essere da esempio, a partire dall’ultima glaciazione, circa 11mila anni fa, gli alberi scomparsi a causa dell’attività umana sarebbero circa 3 biliardi. Come ricordano i ricercatori, l’Europa nel lontano passato era praticamente coperta per intero da un’unica enorme foresta, che oggi, dopo millenni di agricoltura, ha lasciato spazio a distese di pascoli e campi coltivati.

articolo scritto da Simone Valesini
http://www.galileonet.it/2015/09/ecco-quanti-alberi-ci-sono-nel-mondo/

29 lunedì Giu 2015

lavare-lenzuolaPer una corretta igiene nel luogo dove si trascorre molto tempo per riposare e rilassarsi, è importante lavare le lenzuola, il coprimaterasso, le federe e le coperte a una temperatura di almeno 50 gradi. Solo in questo modo si eliminano gli acari della polvere e le macchie ostinate.

Ogni quanto lavare le lenzuola?
Le casalinghe alle prime armi si chiedono spesso ogni quanto sia necessario lavare le lenzuola. Per una corretta igiene personale, meglio effettuare il lavaggio una volta la settimana per i capi che stanno a diretto contatto con la pelle. Mentre per coperte, copriletto e trapunte ogni 14 giorni è il lasso di tempo ideale.Nel periodo estivo, a causa della sudorazione è elevata si consiglia di lavare le lenzuola e cambiarle anche due volte in una settimana.

L’obiettivo principale è di eliminare gli acari completamente?

Fate attenzione all’asciugatura e ricordate di conservare le lenzuola solo quando completamente asciutte. Infatti, riporre i capi nell’armadio ancora umidi, non fa altro che fornire un ambiente perfetto per la proliferazione degli acari. I microorganismi tendono a sopravvivere anche dopo il lavaggio e solo l’asciugatura permette di eliminarli per qualche tempo.

Metodi di asciugatura consigliati. Esistono diversi metodi di asciugatura per eliminare ogni traccia di umidità. Si consiglia di utilizzare una  asciugatrice oppure lasciare stese le lenzuola  all’aperto per dire addio a ogni acaro. Questi microorganismi anche se non si vedono causano allergie e problemi respiratori.

Eliminare gli acari dai cuscini Ogni due anni i cuscini andrebbero cambiati, infatti, sono la parte del letto, dove si soffermano la maggior parte degli acari, dando vita a fastidiosi pruriti. Dopo aver effettuato una pulizia approfondita vi siete accorti che non esiste nessuna speranza per eliminarli? Sostituite immediatamente i cuscini con modelli che si possono lavare tranquillamente nella lavatrice di casa e asciugati senza problemi.
Oltre a lavare le lenzuola valutate, la possibilità di acquistare dei prodotti trattati con protezione antiacaro, in commercio esistono tantissimi modelli che si adattano alle esigenze di tutti.

Attenzione all’umidità in eccesso

Per evitare la formazione costante degli acari, dovete prestare molta attenzione alla quantità di umidità presente nell’aria. Se abitate in un territorio o in una casa ricca di umidità, l’acquisto migliore che potete effettuare è quello di un deumidificatore da posizionare nella camera da letto. Questa scelta dovrebbe rallentare la formazione degli acari su lenzuola, materasso e coperte. L’impostazione di umidità deve essere inferiore al 50%, infatti, al di sotto di questa percentuale la formazione di acari di solito è inferiore.

Durante il periodo estivo come comportarsi?

In estate coperte e piumoni vengono nascosti all’interno di armadi, letti o divani.  Oltre a lavare le lenzuola invernali come descritto, vi consigliamo di riporre la biancheria da letto che non si utilizza, dentro sacchi sottovuoto da integrare in borse di colore scuro dove non passa la luce. Si tratta di una buona abitudine per proteggere i tessuti dalla polvere che si accumula durante i mesi.  Infine porre le lenzuola e coperte in luoghi senza illuminazione permette di tenere lontani gli acari.

Fonte: http://www.vitadamamma.com/125595/lavare-le-lenzuola.html

06 mercoledì Mag 2015

semi-palma-olioSalute e nutrizione, ambiente e foreste. Tutto quello che c’è da sapere sull’olio di palma, l’ingrediente più diffuso e controverso del momento.

Le importazioni di olio di palma in Italia hanno raggiunto un record storico nel 2014, registrando un aumento del 19 per cento rispetto all’anno precedente: 1,7 miliardi di chilogrammi. Un’invasione incomprensibile secondo Coldiretti (Confederazione nazionale dei coltivatori diretti) visto che il nostro Paese è la patria dell’olio extravergine di oliva e della dieta mediterranea.

Al di là del made in Italy, i dubbi dei consumatori legati alla diffusione dell’olio di palma sono sia di natura ambientale che nutrizionale. L’aumento esponenziale delle piantagioni sta alimentando la deforestazione in molte aree tropicali della Terra e gli studi scientifici sulle caratteristiche nutrizionali di questo olio vegetale sono contradditori. Proviamo a fare un po’ di chiarezza.

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COSA C’ENTRA L’OLIO DI PALMA CON LE FORESTE
È l’olio vegetale più usato al mondo. L’aumento del suo utilizzo nel settore alimentare ha causato molti problemi ambientali. Negli ultimi anni, infatti, il numero (e quindi l’estensione) delle piantagioni è cresciuto in modo esponenziale, a tutto danno delle foreste tropicali.Questo fenomeno si è sviluppato soprattutto in Indonesia e Malesia che, insieme, esportano circa il 90 per cento di tutto l’olio di palma presente sul mercato globale. Per cercare di arginare o quantomeno affrontare il problema, nel 2004 alcune aziende produttrici insieme a ong ambientaliste si sono sedute intorno alla Tavola rotonda per l’olio di palma sostenibile (Roundtable on sustainable palm oil, Rspo) per cercare di dar vita a uno standard ambientale minimo per la coltivazione della palma e porre un freno alla deforestazione e alla perdita di biodiversità.

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I lavori hanno portato alla stesura di otto principi da seguire e all’importazione in Europa del primo olio di palma certificato nel 2008, mentre nel 2012 circa il 14 per cento di tutto l’olio prodotto (oltre 54 milioni di tonnellate) portava il logo Rspo. Non tutti sono rimasti soddisfatti dai risultati della tavola rotonda, come sottolineato dal Wwf e da altre ong. Ci sono molti punti che devono essere migliorati, come quello sui pesticidi. Diserbanti e altre sostanze chimiche pericolose, infatti, continuano a essere utilizzati nelle piantagioni e non vige alcun controllo sulle emissioni di CO2 in atmosfera.

Per continuare a innovare e migliorare la certificazione Rspo e includere parametri che rendano le piantagioni e l’olio di palma davvero sostenibili, Wwf, Greenpeace, Rainforest Action Network e altre organizzazioni hanno dato vita al Palm oil innovation group (Poig), un gruppo di pressione con l’obiettivo di spingere governi e imprenditori a migliorare le leggi in vigore e le condizioni di lavoro e di sfruttamento delle risorse naturali. Perché l’unico, vero scopo è difendere i polmoni del pianeta: le foreste tropicali. Il consiglio più valido per i consumatori, dunque, è quello di cercare in etichetta i loghi e la certificazione Rspo che attestino la provenienza da gestione quantomeno responsabile dell’olio di palma contenuto nel prodotto.

L’OLIO DI PALMA DAL PUNTO DI VISTA NUTRIZIONALE

Da più parti vengono mosse critiche a questo ingrediente, accusato di essere largamente utilizzato dall’industria nonostante presenti un tenore di grassi saturi superiore a quello di molti altri oli. Ma l’olio di palma è dannoso per la salute? Per prima cosa va precisato che i grassi saturi sono ritenuti responsabili dell’insorgenza di malattie cardiovascolari, ma non sono tutti uguali. Si distinguono in saturi a catena corta (protettivi), media (neutri) e lunga (dannosi). Sono proprio questi ultimi ad aumentare il rischio di sviluppare ipertensione arteriosa, arteriosclerosi e colesterolemia. L’olio di palma, in effetti, contiene abbondante acido palmitico saturo a catena lunga, ma questa quota di grassi dannosi è affiancata da ben il 51,5 per cento di acidi grassi insaturi protettivi, cioè da circa il 39 per cento di monoinsaturi (acido oleico, tipico dell’olio di oliva) e dal 12 per cento di polinsaturi, soprattutto linoleico. Per fare un paragone, si pensi che il burro contiene solo il 21,6 per cento di acido palmitico e possiede gli acidi laurico e miristico, saturi a catena media, quindi neutri rispetto al rischio vascolare; più l’acido butirrico, a catena corta, che pur essendo saturo rientra tra i grassi protettivi. Ma è anche vero che il burro ha solo la metà (26,5 per cento) degli acidi grassi protettivi monoinsaturi dell’olio di palma (fonte Nico Valerio). L’olio di palma dunque, anche se contiene abbondante acido palmitico, grazie alla sua composizione complessiva, e quando non è idrogenato, non aumenterebbe il colesterolo totale. L’idrogenazione è quel processo in base al quale l’olio assume una consistenza solida e diventa più ricco di grassi saturi; l’olio di palma ha per sua natura una consistenza semisolida che ha l’effetto di rendere naturalmente cremosi i prodotti, per cui spesso non viene idrogenato. Allo stato naturale, grezzo, è inoltre ricco di vitamine, carotenoidi e polifenoli antiossidanti. I più recenti dati nutrizionali relativi a questo ingrediente rivelano che in cottura si comporta meglio dell’olio di semi e del burro perché è un grasso stabile alle alte temperature, anche alla frittura, e all’ossidazione. E allora perché il Consiglio superiore della sanità del Belgio raccomanda di limitarne l’impiego e l’assunzione per via dell’alto contenuto di acidi grassi saturi? Perché gli studi scientifici e nutrizionali sull’olio di palma sono controversi, danno risultati contradditori e non sono paragonabili tra loro in quanto non sempre riportano con precisione qual è la forma in cui è stato analizzato: se integrale, raffinato o frazionato. La sua migliore prestazione nutrizionale, infatti, l’olio di palma la dà quando è integrale, perché da grezzo è ricco di beta-carotene, di alfa-carotene e di vitamina E alfa-tocoferolo. Il prodotto raffinato, il più utilizzato dall’industria alimentare, offre molto poche delle proprietà dell’olio grezzo. Altra problematica legata all’olio di palma è quella legata alla contaminazione da residui di sostanze chimiche tossiche. L’olio di palma viene coltivato in Paesi che consentono ancora l’impiego di sostanze che in Italia e in Europa sono vietate, come ad esempio il ddt. Dai controlli effettuali finora non sono mai stati riscontrati livelli di residui superiori a quelli consentiti per legge, ma è possibile che i bambini possano essere più esposti degli adulti al cosiddetto “effetto accumulo” da pesticidi.

10 martedì Mar 2015

wallpaper-43073-1-1024x640-700x520Il Parco dello Stelvio, che nell’arco alpino costituisce la più grande area protetta con lo status di parco nazionale, potrebbe non esistere più già nelle prossime settimane, se il Consiglio dei Ministri dovesse avallare l’intesa sottoscritta dal Ministero dell’Ambiente, dalla Regione Lombardia e dalle Province Autonome di Trento e Bolzano, per modificarne radicalmente la governance e le tutele. Ad aprile avrebbe compiuto 80 anni, ma ministero dell’Ambiente, Regione Lombardia e Province di Trento e Bolzano allentano le tutele. Così una delle storiche esperienze di conservazione della natura chiuderà i battenti a ridosso del suo ottantesimo compleanno (il parco fu infatti istituito nel lontano 1935), lasciando il posto ad un patchwork di parchi provinciali con un livello di protezione molto inferiore, venendo estromesso di fatto dal novero dei parchi nazionali.

“Una situazione grave e un inaccettabile spreco di risorse – dichiara Vittorio Cogliati Dezza presidente nazionale di Legambiente – frutto di comportamenti irresponsabili di tutte le istituzioni coinvolte, dalla Regione Lombardia alle Province Autonome, fino ai governi e alle maggioranze politiche nazionali timorose di inimicarsi i voti del drappello autonomista dell’Alto Adige-Suedtirol”. “Sarebbe il primo caso in Europa di declassamento, ci auguriamo quindi che il Presidente Renzi e il ministro dell’Ambiente Galletti vogliano evitare in extremis di danneggiare anche a livello internazionale tutto il nostro sistema di aree protette”, ha dichiarato Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente.

L’intesa Stato-Regione Lombardia-Province Autonome prende spunto dal fallimento, incontestabile, della governance assicurata dal Consorzio Parco Nazionale dello Stelvio, l’ente che ne ha assicurato la gestione nell’ultimo ventennio rilevandola da quella della ex-azienda di Stato delle Foreste Demaniali. L’insuccesso del Consorzio è dovuto ai mille ostacoli incontrati, alla scarsa collaborazione da parte di Regione e Province, agli enormi problemi ancora irrisolti di regolarizzazione del personale, ad una presenza eccessivamente burocratica del Ministero dell’Ambiente.  Ma anziché risolvere questi problemi, il testo dell’intesa (nonostante il potere di veto e il parere obbligatorio e vincolante sul piano del parco e del regolamento) scioglie, con un vero colpo di mano, l’unitarietà del parco che tutela le vette e i versanti del massiccio montuoso Ortles-Cevedale, separandolo lungo le linee di confine tra le tre entità amministrative.

 

“Anziché innovare e semplificare il sistema di gestione dell’area protetta – ha continuato Cogliati Dezza – si preferisce scinderla in tre unità separate che potranno decidere ciascuna, in regime di totale autonomia e in nome di un malinteso e irresponsabile decentramento, di allentare vincoli o addirittura di stralciare porzioni di territorio. E’ difficile comprendere come il Ministero dell’Ambiente possa aver siglato un’intesa con la quale lo Stato, oltre a dismettere il finanziamento dell’ente, rinuncia ad esercitare qualsiasi funzione di controllo nei confronti di un parco nazionale di questa importanza e notorietà”.

L’accordo sottoscritto, infatti, prevede che al posto dell’ente unitario di gestione si insedi un non meglio precisato ‘comitato di coordinamento’, privo di qualsiasi personalità giuridica e con un ruolo di pura ‘moral suasion’ nei confronti di Regione e Province Autonome, che potranno autonomamente deliberare qualsiasi modifica sia al piano del parco che al perimetro dell’area protetta. Ogni Provincia e Regione istituirà invece un proprio ente autonomo per la gestione del territorio ricadente nella propria giurisdizione amministrativa. E, visto che i precedenti non mancano, è molto probabile che lo spezzatino amministrativo non sarà in grado di impedire l’amputazione indisturbata di parti significative di territorio protetto che lascino il posto a resort sciistici o impianti di sfruttamento idroelettrico.

“Il nuovo schema di governo non avrà più nemmeno lontanamente i requisiti per essere considerato parco nazionale, e con questo le Alpi perderanno la loro più grande area protetta.
Ci appelliamo al Governo affinché non avalli una simile decisione – ha dichiarato Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia -, altrimenti sarà inevitabile ricorrere  alle istituzioni internazionali per evitare il primato europeo di declassamento di un parco nazionale”.

di

Fonte: http://www.improntaunika.it/2015/03/addio-parco-dello-stelvio-legambiente-stiamo-perdendo-il-piu-grande-parco-nazionale-delle-alpi/

13 venerdì Feb 2015

terradeifuochiLa Terra dei fuochi non ha superato l’esame. È passato un anno da quando l’omonimodecreto governativo è diventato legge, eppure la situazione nella zona tra Napolie Caserta resta drammatica. Lo sostiene un rapporto di Legambiente, che ha verificato l’attuazione dei progetti di bonifica del governo e gli ultimidati epidemiologici disponibili. Il quadro che emerge dal rapporto è piuttosto impietoso: “Il decreto legge sulla Terra dei fuochi e la sua eccessiva conversione in legge”, si legge nel documento, “sono stati presentati come la risposta rapida ed efficace dello Stato per far fronte a una situazione ignorata per troppo tempo. Così non è stato e i dati e le storie contenute in questo nuovo rapporto di Legambiente purtroppo lo dimostrano”.

Ecco qualche numero. A un anno dall’approvazione dalla norma sono stati “sottoposti a indagini dirette” solo 51 siti in classe di rischio elevata, concentrati in 7 comuni, per un totale di 64 ettari, ma i risultati delle indagini non sono ancora stati resi noti, “anche se i lavori sul campo sono conclusi e la loro pubblicazione dovrebbe essere imminente” anche se già in ritardo di otto mesi rispetto alla tabella di marcia. Nei 57 comuni inizialmente ascritti alla Terra dei fuochi (poi saliti a 88), inoltre, sono stati individuati 1.335 siti “potenzialmente inquinati”, per un totale di 906 ettari, per cui “non sono state attivate procedure di analisi e caratterizzazione”: sono aree a forte rischio ambientale fino a oggi completamente ignorate. “Gli unici elementi resi pubblici”, spiega il rapporto, “offrono quindi un quadro assolutamente parziale e i lavori che si sarebbero dovuti concludere entro l’ottobre 2014 sono solo all’inizio. Appare quindi completamente fuori luogo il tono rassicurante utilizzato dal Governo nella presentazione di questi dati preliminari”.

Arriviamo al punto più spinoso. La salute dei residenti. Il rapporto parla di “rischi sanitari sempre più evidenti”, come evidenziano gli ultimi dati dell’Istituto Superiore di Sanità (in particolare lo studio Sentieri): “La ricerca conferma un eccesso di mortalità e di ospedalizzione nella popolazione residente nei 55 comuni della Terra dei fuochi per diverse patologie, che ‘ammettono fra i loro fattori di rischio accertati o sospetti l’esposizione a un insieme di inquinanti ambientali che possono essere emessi o rilasciati da siti di smaltimento illegale di rifiuti pericolosi e/o dicombustione incontrollata di rifiuti sia pericolosi, sia solidi urbani’”. In sostanza: nella Terra dei fuochi, per colpa dello smaltimento illegale dei rifiuti, ci si ammala e si muore di più che nel resto d’Italia.

Già, perché l’illegalità continua. Nel 2014, ricorda il rapporto, sono stati censiti 2.531 roghi di rifiuti, materiali plastici, scarti di lavorazioni del pellame e di stracci. Meno dei 3.984 registrati due anni prima, ma comunque troppi e troppo pericolosi per la salute. E le opere di bonifica promesse dal governo ancora non si vedono: “I dati riportati in questo dossier ricordano come degli oltre duemila siti inquinati censiti all’interno del perimetro dell’ex-sito di interesse nazionale, solo per lo 0.2% sono state eseguite o sono in corso attività di bonifica, solo il 21,5% è stato caratterizzato e analizzato, mentre per circa il 74% non è stata ancora svolta nessuna attività”.

di Sandro Iannaccone (Giornalista scientifico a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. È laureato in fisica teorica e collabora con le testate Wired, L’Espresso, Le Scienze, Mente&Cervello, D-La Repubblica. È autore del romanzo “Sospiro a mare”, pubblicato nel 2010).

Credits immagine: Jonathan Mallard/FLickr
Via: Wired.it

Fonte: http://www.galileonet.it/2015/02/la-terra-dei-fuochi-e-ancora-pericolosa/?utm_campaign=Newsatme&utm_content=La%2BTerra%2Bdei%2Bfuochi%2B%C3%A8%2Bancora%2Bpericolosa&utm_medium=news%40me&utm_source=mail%2Balert